Crioconservazione: Ti scongelo io, mamma.
Credevo che gli esseri immortali vivessero solo nella fantasia dell’uomo, tra paesaggi apocalittici e avventure intergalattiche. E non immaginavo neppure che un giorno i figli saranno più vecchi dei padri. Invece eccole li, Elaine e la piccola Alice, a sfidare il tempo mortale. Madre e figlia, che abbracciate sul divano della loro casa di Phoenix, in Arizona, hanno stravolto ogni mia ragionevole certezza.
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“L’età avrà importanza solo per la memoria. E quando Alice mi risveglierà, il tempo sarà sconfitto” racconta Elaine carezzando i capelli rossi come il fuoco della sua bambina di tre anni. Alice sfoglia un libro sul cosmo chiamando i pianeti per nome, come le sue bambole, circondata da principesse stellari e modellini di navicelle spaziali. Non è nata dalla passione di due innamorati, ma dalla consapevolezza di due amici, che sulla soglia dell’infertilità e della delusione, si sono cercati. Lui è un magnate delle missioni spaziali private americane e un fidato amico di Elaine dai tempi del college. Lei invece gira l’America sintetizzando i suoni delle stelle e trasformandoli in musica per le sue parole. Hanno molto in comune lei e il suo amico, e nessuna fretta di piacersi, perché entrambi hanno l’eternità davanti, e se adesso i loro corpi non si attraggono, “in futuro li cambieremo come più ci piacciono” afferma lei.
La promessa della loro immortalità, sta in un capannone di Scottsdale, nella periferia di Phoenix. Qui, dietro un vetro antiproiettile, sono conservati i corpi di chi ha scelto di non morire. Disposti a testa in giù a una temperatura di -196 gradi, dentro cilindri d’acciaio pieni di nitrogeno, centinaia di persone attendono il giorno in cui la scienza sarà capace di riportarli in vita. “Forse trenta, o al massimo cento anni, non molto di più” afferma Max More il fondatore di Alcor, la società di crioconservazione alla quale Elaine e la sua famiglia si sono iscritti.
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Sono tre le società tra Stati Uniti e Russia che applicano questa tecnologia nata negli anni ’70 dalle ricerche di Robert Ettinger, docente visionario di fisica e matematica della Wayne State University in Michigan. “L’uomo è fatto di materiale scadente” diceva ridendo, “dobbiamo solo trovare il modo di aggiustarlo e saremo eterni”. Con questa certezza ha fondato il Cryonic Institute di Detroit dove ha ibernato i primi pazienti della storia, compresi sua moglie, i suoi genitori e il suo cane, per poi finirci anche lui, congelato cinque anni fa. Oggi è suo figlio David Ettinger, famoso avvocato delle grandi cause Americane, che seduto con aria serafica in una saletta dell’Istituto, mi spiega con parole semplici l’efficacia della crionica: “La morte legale è solo il momento nel quale i medici interrompono le cure. Le nostre cellule mantengono la vita ancora per molto tempo. Se interveniamo subito congelando il processo di deterioramento, saremo in grado molto presto di invertire questo processo e tornare alla vita”.
Il mondo accademico è scettico davanti alla crioconservazione, perché ad oggi nessun essere vivente sottoposto a questi trattamenti è stato riportato in vita con successo. Ma le parole dei leader della crionica valicano ogni realtà medica e ricordano che fino a cinquant’anni fa era impensabile anche solo un trapianto di cuore, o la fecondazione artificiale, che già congela la vita degli ovuli secondo i principi della crioconservazione. “Nel caso di un corpo umano è sicuramente più complesso” ammette David Ettinger, “ma certamente se finite in cenere nessuna scienza potrà rimettervi insieme” conclude, accennando un sorriso di sfida che ricorda quello di suo padre.
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I pazienti congelati non sono considerati morti, ma semplicemente vite sospese. “Alla temperatura dell’azoto liquido, congeliamo ogni attività vitale dei nostri pazienti. Quando la scienza sarà in grado di riaccendere la vita, ciascuno di noi potrà decidere quando vivere in modalità on oppure off, in ogni momento e per sempre” sostiene Hillary, la ragazza che nell’Istituto si occupa delle macabre operazioni di congelamento. Ventiquattro anni, occhi blu e aria angelica, che stride nello spazio gelido della sua sala operatoria. Si è laureata in Funeral Management dopo aver perso la madre in un incidente, e da allora il suo sguardo scivola nel vuoto ad ogni silenzio. “Purtroppo allora non conoscevo la possibilità di attendere per una seconda vita, altrimenti avrei potuto sognare di rivederla, e cancellando l’idea di morte, avrei cancellato anche il dolore” mi spiega.
Fuggire è la fantasia che ha avvicinato anche Elaine alla crioconservazione. Erano gli anni di Nixon, in una piccola città della provincia americana che vedeva tornare i veterani dal Vietnam, recitare le preghiere prima della cena e i bambini abbassare lo sguardo davanti ai padri; Elain aveva già deciso che questo mondo non le piaceva, e perdeva le sue giornate a rincorrere le immagini della tv, che trasmetteva i successi delle missioni spaziali, il primo Shuttle e le Guerre Stellari. Una domenica all’alba della sua adolescenza, Elaine ascoltò l’intervista di un uomo che prometteva la vita eterna. Era Robert Ettinger, il padre della crionica, e le sue parole convinsero Elaine che anche lei avrebbe potuto rinascere.
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“L’immortalità ha reso questa mia vita più serena” dice e senza esitare immagina il tempo eterno che l’attende e che riempirà di viaggi, libri, mestieri diversi, e di ogni altra cosa questa vita non le abbia dato il tempo di fare. “Nessuno sa come sarà il futuro, ma io di questo passato vorrò salvare solo conoscenza e amore. Per questo ho chiesto che venga congelata solo la mia testa, e che il cervello venga reimpiantato su un corpo artificiale” spiega, mentre Alice fa volare una navicella spaziale ai suoi piedi simulando con le labbra il suono vuoto dello spazio. Madre e figlia scherzano spesso insieme, sul fatto che un giorno vivranno su un altro pianeta, senza età e senza paure, crescendo insieme un orto marziano e giocando con un cane robot. Disegnano con la fantasia i loro corpi artificiali, “ma i baci però, quelli, saranno sempre veri” si dicono poi sottovoce. Elaine e Alice passano insieme ogni momento della loro giornata, lontani dai nonni e dal padre, che vive dalla parte opposta del Paese e visita Alice appena un paio di volte l’anno. Attraversano questa vita come alieni pronti a viaggiare nel tempo, chiedendosi di ogni cosa se gli piaccia o meno, se se la porterebbero nel futuro oppure no. “L’idea dell’eternità rende tutto leggero, come un gioco nel quale ogni desiderio smette di essere vano” spiega Elaine, “e se poi qualcosa dovesse andare storto, mi sarò comunque divertita” conclude con una smorfia di angoscia, perché in fondo le incognite non sono poche. Da più di dieci anni, con sacrificio, Elaine mette da parte i soldi necessari per coprire le spese di crioconservazione. Novantamila dollari a testa, per scommettere su una nuova vita e sui progressi della scienza. Non sono però le conquiste mediche che mette in discussione, ma il fatto che ci si metta più del previsto, e nel buio dei ghiacci chimici, lei e sua figlia vengano separate. “Saremo tutti giovani e belli, ma io semplicemente non posso immaginare un’eternità senza mia figlia” dice Elaine chiudendo gli occhi sulle lacrime. Poco più in la, dall’angolo dei giochi stretto tra la luce della finestra e la libreria piena di titoli spaziali, Alice la osserva con gli occhi dell’amore. “Tesoro tu mi aspetti vero?” domanda Elaine. “Ti scongelo io mamma”.
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