Wildleaks: ora si passa al contrattacco
In una camera d’albergo di Pechino, nella primavera dello scorso anno, una mail anonima recapita un video ad Andrea Crosta, fondatore di Wildleaks. Centinaia di zanne di elefante, accatastate sulle pareti di un vecchio laboratorio, denunciano un anello fondamentale del traffico internazionale di avorio.
Nella notte Crosta contatta i suoi informatori e avvia una delle più importanti investigazioni sul traffico di animali che la storia ricordi. Parte da questo avvenimento The Ivory Game, il documentario che è stato candidato agli Oscar 2017 e che documenta il traffico di avorio tra Tanzania, Kenya, Zambia e Cina. “I crimini contro la natura rappresentano il terzo mercato illegale al mondo, dopo droga e armi, e portano 213 miliardi di dollari ogni anno nelle tasche di mafie e terroristi. Se non li fermiamo, la nostra generazione sarà responsabile dell’estinzione di gran parte delle specie selvatiche e consegnerà ai propri figli una terra fatta di deserti e zoo-safari” denuncia Andrea Crosta, aggiungendo che questi reati sono favoriti anche dalle pene lievi previste in molti paesi.

Dopo la laurea in Scienze Naturali alla Statale di Milano la vita porta Crosta prima in Australia e poi negli USA dove collabora anche come consulente nei settori dell’intelligence e dell’antiterrorismo fino a quando, quarantenne, riesce a fondere con queste specialità anche la sua passione per la conservazione ambientale. Fonda nel 2013 un’organizzazione per la protezione della natura chiamata Elephant Action League e da quell’esperienza comprende che servono strumenti nuovi per contrastare trafficanti e corrotti. Pochi mesi dopo, con i suoi compagni di studio Francesco Rocca e Gilda Moratti, trova risposta a quell’esigenza e apre Wildleaks, la prima piattaforma Tor per lo scambio di informazioni segrete sui crimini ambientali.
“Riceviamo un centinaio di documenti anonimi all’anno. I nostri investigatori verificano le notizie classificandole in tre gradi di rilevanza e dopo aver ricostruito l’evidenza dei reati, interveniamo con le polizie internazionali o le organizzazioni locali più fidate” spiega Crosta, sottolineando che il fine delle loro attività è l’interruzione dei traffici e l’arresto delle persone coinvolte. Per questa ragione non hanno interesse a rendere noti i documenti che ricevono, a differenza di Wikileaks o dell’ex tecnico della CIA Edward Snowden.
Da un piccolo ufficio nascosto tra i grattacieli di Los Angeles, Andrea e i suoi compagni coordinano le operazioni di una dozzina di persone e di decine di leali collaboratori sparsi tra Asia, Africa e America Centrale. Telecamere nascoste, informatori sotto falso nome, strategie di protezione, appostamenti e pedinamenti che in alcuni casi sono durati anni. Un lavoro silenzioso e maniacale perché “è una partita pericolosa, che coinvolge uomini potenti, narcotrafficanti, mafie e funzionari governativi corrotti. Ma in gioco è il futuro del nostro pianeta” dice Crosta, elencando i numeri di una guerra che ogni giorno insegue i suoi sopravvissuti: 29.000 rinoceronti rimasti nel mondo, di cui 1300 uccisi ogni anno per il loro corno. 4000 le tigri rimaste, quando mezzo secolo fa erano 100.000. Appena 25.000 i leoni sopravvissuti ai bracconieri, che portano le ossa delle loro vittime sulle tavole del mercato asiatico per preparare cibi di macabra tradizione. E ancora, tartarughe, pangolini, gorilla, “la lista è infinita; qualsiasi animale si possa vendere è oggetto di traffico” afferma Crosta col tono di chi non si arrende. “Wildleaks è lo strumento che mancava. Fighting back, ora passiamo al contrattacco” dice, citando con orgoglio il pay-off della loro campagna.
