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2001 la guerra in Afghanistan
Un detto popolare afghano dice che “il tempo è come una pietra in mezzo a una strada”, a significare che il tempo non ha valore.
Sara forse questa la ragione per cui come si raggiunge il confine afghano da Dushanbè, iniziano delle interminabili quanto inspiegabili attese. Fino agli storici giorni della ritirata talebana, Il tajikistan rappresentava l’unica porta di accesso all’afghanistan dell’Alleanza del Nord. E sin dai primi giorni della crisi il ministero degli esteri Tajiko organizzava convogli diretti al confine per le migliaia di giornalisti stranieri arrivati a Dushanbè. Al di la delle “generose” cure stava la volonta di non lasciarsene sfuggire neppure uno gia che ognuno di noi rappresentava una cospicua somma di dollari per le entrate piu o meno legali dei funzionari statali. I 200 Km che separano la capitale Tajika dal confine Afghano costavano circa 200 dollari a giornalista (tra visti,permessi e auto). A questo si aggiungevano poi le spese per il visto afghano che dai 25 dollari del prima della crisi, è arrivato a 200 (e in alcuni casi anche molto di piu). Il tutto nel tormentato mare della burocrazia post-sovietica!
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Nonostante tutto cio avesse gia del surreale, era solo un assaggio di cio che avrei incontrato alcuni giorni dopo all’interno dell’Afghanistan. I miei compagni di viaggio erano Tim (giornalista di USA Today) e Rose (del canadese national post). Dopo insensate ore di attesa (che talvolta si trasformavano in giorni) al confine Russo/Tajiko/Afghano – gia, perche anche sulla proprieta del confine c’è ancora un po di confusione – , una chiatta mossa da un vecchio trattore diesel, ci porta alla sponda afghana del fiume. Alla luce di un lume a cherosene i nostri passaporti vengono registrati e timbrati. Destinazione comune a tutti, Kojabbaudin, una trentina di chilometri piu a sud. Costo per il trasporto, 200 dollari. Se il buon giorno si vede dal mattino, il fatto che dopo pochi Km la ns jeepsi capotti, non era di gran auspicio. A K. Il driver ci accompagna al ministero degli esteri. Quattro stanze, una latrina e un grande campo pieno di tende al di la del quale si trova il piccolo edificio dove due mesi fa è stato ucciso Massud, oggi affittato dalla NBC.Il ministero era tappa obbligata dei nuovi arrivati per assolvere alle pratiche burocratiche. Ma quello era anche il luogo dove la maggior parte dei giornalisti alloggiavano.
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Al nostro arrivo le stanze, le tende e tutti i luoghi coperti del ministero erano gia stracolmi di giornalisti, sacchi a pelo, parabole e telefoni satellitari, computer e generatori elettrici. Dove sistemare i nuovi arrivati? Io ero particolarmente fortunato, potevo vantare dei diritti su di una tenda acquistata da amici che avevano appena lasciato il Paese. Faccio valere i miei diritti e mi permetto di invitare un collega italiano di “Avvenire” rimasto senza riparo. Ricevo in cambio una lussuosa cena fatta di parmigiano e biscotti Italiani! Al ministero c’era anche Ezio, inviato di Uno Mattina. Era li da un paio di settimane e dall’alto della sua esperienza mi chiarisce subito le regole del campo: costa 10 dollari al giorno la tenda e 20 la stanza (con o senza vetri alle finestre, si poteva quasi scegliere), pero ci tiene a precisare che non sono cosi fiscali nei controlli e al momento di pagare si puo barare. Nel prezzo è compresa la colazione (pane afghano) e la cena (riso e fagioli). Tea a volonta tutto il giorno. Piu o meno il percorso era simile a tutti:si parte dalla tenda (senza catino) per passare alla stanza senza vetri alle finestre e quando qualche amico lascia una delle altre due stanze ti sposti e ci resti. Ogni mattina decidi dove andare e passi per l’ufficio (la quarta stanza) dopo le 9 col tuo traduttore ed il tuo autista (obbligatori) e ti rilasciano una lettera di autorizzazione. Mentre oltre confine i grandi network televisivi raccontavano una guerra imponente, l’aria che si respirava in afghanistan era decisamente diversa. La domanda piu ricorrente tra tutti i giornalisti era: “tu cosa fai oggi?”. I luoghi da vedere e da raccontare erano sempre gli stessi e uguali per tutti. Non accadeva nulla di nuovo. Dopo una settimana l’unica cosa che restava da fare era ricominciare da capo. Anche da Jalabalsaraj e la valle del Panshir non arrivavano notizie migliori. Ma le esigenze del jetset mediatico erano ben diverse. A tutti i costi era necessario avere la notizia non fosse altro per giustificare gli imponenti investimenti economici dei grandi media. Mentre fuori si vive il medio evo e la fame, i grandi compound delle maggiori televisioni non mancavano di nulla. Dall’acqua calda alle marmellate. Era ben piu dura la situazione per i numerosi inviati della carta stampata che accampati alla meno peggio non disponevano di gran optional. Il giorno che ho scoperto che era a volte possibile avere delle uova a colazione pagando in nero un funzionario del ministero, sono riuscito a mettere su un piccolo business che richiamava colleghi da tutti gli angoli dell’accampamento. Il prezzo era degno di un ristorante occidentale ma adeguato ai costi della vita da giornalista a Kojabbauddin. Il costo di un autista e di un interprete per una giornata variava dai 200 ai 300 dollari. Le auto e gli interpreti realmente buoni non erano tanti e per loro il prezzo saliva al miglior offerente. Se poi si decideva di spostarsi dalla città le tariffe volavano inspiegabilmente alle stelle. Una televisione spagnola è arrivata a pagare 5000 dollari per un auto che li portasse in Panshir (2/3 giorni di viaggio). Tutto va comparato alla realta locale dove un ottimo impiego puo fruttare 20 dollari al mese. Ma il problema principale restavano gli avvenimenti, che non avvenivano. Cosi il clima si trasformava in una estenuante attesa. Il clima si è scaldato un po quando il pomeriggio del 29 ottobre la prima bomba americana viene sganciata sulla prima linea talebana nei pressi di Kojabb. I continui bombardamenti USA non cambiarono niente della vita quotidiana dell’alleanza del nord se non che si diregevano al fronte con maggior curiosita di quanto non facessero prima. La terra che tremava li faceva sorridere e tutto sembrava un grande gioco. In molti casi i soldati dell’alleanza al fronte non avevano piu munizioni da sparare perche le avevano sparate tutte per i giornalisti dietro lauta ricompensa.
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E mentre le tv raccontavano di furiosi combattimenti al fronte, i mujeiidin parlavano per radio con i Talebani chiededogli dei bombardamenti. Di certo l’alleanza ne era pronta ne aveva voglia di avanzare. La guerra che combattevano era cosa vecchia. In fondo mi domandavo che cosa in una terra tanto inospitale si potesse fare se non la guerra. Dall’altro canto in una situazione tanto statica, i grandi giornalisti di guerra preparavano i loro bagagli e lasciavano il paese rimandando con assoluta certezza l’appuntamento alla prossima primavera. Di certo il Ramadan e l’inverno avrebbero congelato la situazione. E un intervento americano di terra era praticamente impossibile. Nel giro di un paio di settimane a Kojabbaudin erano rimasti solo i grandi network televisivi e una manciata di fotografi e giornalisti. Le migliori condizioni atmosferiche (assenti da settimane) hanno permesso alle decine di giornalisti bloccate in Panshir di rientrare in Tajikistan. Il Paese si stava svuotando nella evidente preoccupazione di autisti, traduttori e impiegati ministeriali. E anche io assieme a due colleghi spagnoli decido di rientrare. Ancora 150 dollari per tornare al fiume e la chiatta che ci traghetta sulla sponda Tajika. Impressionante come dopo aver conosciuto il medio evo, il depresso Tajikistan ci sembrasse Las Vegas. Dopo poche ore ero gia seduto su un comodo sofa di dushanbe sorseggiando wisky e guardando BBC World. La notizia del giorno era che le truppe dell’alleanza stavano muovendo verso Mazar i Sharif. Mi dico che era impossibile e passo al canale russo. L’indomani corro a prenotare il mio volo per Monaco, gia overbooked dall’impressionante numero di giornalisti in rientro. Ottengo un posto. Sul mio volo la troupe rai di Ennio Reimondino. All’arrivo a Monaco la conferma della notizia che le truppe dell’alleanza erano entrate a Kabul. Nessuno era riuscito ad immaginare una possibile ritirata dell’esercito Talebano.
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La teoria di Sultani
Sultani è un buon traduttore. Un giorno con un collega di Asia Week abbiamo avuto modo di chiacchierare un po sulla sua vita ed è uscito fuori che Sultani è un medico, laureato a Kabul una decina di anni prima. Particolarmente colto e aperto, mi sono permesso di fargli delle domande sulle donne afghane che ritengo molto belle. Lui ci ha illustrato una teoria che ha studiato sui libri all’universita e che a suo dire ha avuto modo di verificare di persona secondo cui fare troppo sesso e guardare film porno fa perdere la memoria e fa diventare ciechi. Nei casi piu drammatici porta alla paralisi! Cercavo di sdrammatizzre e mi lascio sfuggire una domanda sulla prostituzione in Afghanistan… Sultani mi dice che è abbastanza frequente. Bisogna andare nei mercati, guardare un po le donne e cercare di capire quli sono disponibili… non sono pero riuscito ad immaginarmi come cio sia possibile gia che tutte indossano il burqa. Ma mi fido del Dr. Sultani.
Il matrimonio di Fayaz
Fayaz è un pessimo traduttore ma va aiutato per la sua buona causa. Sta cercando di mettere da parte soldi per comprarsi una moglie. Non è particolarmente bello ne particolarmente intelligente ma questo in Afghanistan non conta molto. Le donne si comprano (fino a un massimo di 4) e costano mediamente 2 o 3000 dollari (l’una). Ho provato ad aiutarlo ingaggiandolo per un paio di giorni, ma lui non aiutava me col suo inglese improvvisato.
La giornata tipo
Sveglia all’alba. Visita alla latrina (il peggior momento della giornata) Attesa (variabile dai 30’alle 2 ore) per la distribuzione del pane e del tea. Ribollitura del tea dopo che un po di colleghi hanno passato giorni in latrina. Fila all’ufficio del ministero per il permesso per andare al fronte. Verso le 9,30/10 si parte per Dashti Kala (dove passa la prima linea). 35 Km di non strada, per arrivare al comando militare che deva vidimare la lettera. E’ necessario parlare con il comandante. Pur essendo una pura formalità puo richiedere ore gia che tutti sono comandanti in afghanistan ma nessuno è mai quello giusto. La tappa successiva è al fiume. Si contratta un prezzo per avere un cavallo con cui attraversare il fiume(solitamente 20 dollari). Ancora 1 ora di cavallo. Si arriva al fronte. Qui controllano la lettera anche se nel 90 percento dei casi l’addetto è analfabeta. Parte la visita alle trincee. Nei giorni di punta i giornalisti riempiono le polverose trincee e bisogna aspettare il proprio turno per lo sand-up o le foto. Pranzo consistene in orribili biscotti iraniani alla vaniglia. Di nuovo a cavallo verso il fiume. Traversata (per molti non indolore gia che ho visto piu di un fotografo cadere in acqua con tutta l’attrezzatura). Ancora un’ora di auto e di nuovo al Ministero. Chi doveva spedire l’articolo dispiegava sull’unico tavolo disponibile computer, tel satellitari, macchine fotografiche. Chi arrivava tardi doveva attendere che almeno una delle tre prese di corrente si liberasse. Chi era impegnato coi moderni sistemi digitali restava in piedi fino a tardi combattendo con la corrente elettrica che andava e veniva a piacimento del vecchio generatore diesel, con le linee satellitari che facevano altrettanto. Gli altri formavano dei capannelli di gente dalle proveninienze piu disparate che si raccontavano i fatti del giorno. E si potevano sentire le tragiche interviste fatte a bambini senza gambe ne genitori (che funziona sempre, specialmente se i genitori sono stati uccisi dai talebani) fino alle drammatiche vicende di corna d’oltreoceano. La cena era attesa con trepidazione non tanto per la fame (che ormai non si accusava piu) quanto perché scandiva un momento della giornata prossima alla fine. E il fatto di trovarsi sempre di fronte un pugno di riso e una cucchiaiata di fagioli era talvolta uno stimolo per lanciarsi nella preparazione di piatti piu ricercati quali riscaldare con cura e pazienza una scatoletta di sardine al pomodoro…
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